Ma perché le cose possano avere un certo ordine temporale bisogna iniziare dal principio o dalla fine, dipende.
Tutte le ricette e le operazioni inerenti il cibo o l’approvvigionamento di esso, erano collocate in un preciso momento dell’anno. Tutto era legato alle stagioni e al tempo.
Non si poteva prescindere da questo, poiché ogni stagione aveva le sue ricette e le sue peculiarità che erano legate al tipo di raccolto o di consumo del raccolto a seconda dei casi.
Neanche l’allevamento degli animali da cortile, delle pecore e dei maiali, sfuggiva a questa regola.
C’era un tempo per seminare ed un tempo per raccogliere, un tempo per immagazzinare ed un tempo per consumare, un tempo per allevare, un tempo per tosare e purtroppo un tempo per uccidere.
Può sembrare crudele ma uccidere gli agnelli e i capretti a Pasqua, tirare il collo a una gallina per fare il brodo per una partoriente e macellare un maiale quando era bello grasso, beh erano cose che, lungi dal rattristare, rallegravano le famiglie, in vista dei lauti pranzi che ne sarebbero derivati.
La vita in campagna era molto cruda. Non ci si rammaricava per una bestia se essa moriva per qualche malattia, ci si rammaricava per tutto il lavoro svolto per farla crescere e per il mancato guadagno.
Ho visto mia madre piangere perchè il maiale aveva la broncopolmonite!!
Serviva un pollo? Gli si tirava il collo senza tanti complimenti!
Tutto ciò sembra crudele adesso, ma magari, in altri modi, oggi siamo ancora più crudeli con tutto il nostro amore verso gli animali. Li teniamo chiusi in gabbie, canili, pigiati, costretti, forzati a mangiare perchè crescano in fretta oppure tenuti a morire di fame.
Quando va bene li nutriamo con mangimi di dubbia provenienza e composizione, con conseguenti malattie che contagiano anche l’uomo.
Qualche decennio fa, a Santa Anatolia, gli animali erano liberi, le galline scorrazzavano dovunque, avevano solo un segno sulle ali per segnalare a chi appartenessero, pecore, mucche, asini, muli tutti liberi, questi ultimi al massimo avevano le pastoie.
Era il tempo in cui le vacche avevano un nome : Bianchina, Rosina ….
Ma di tutte le crudeltà, la peggiore si verificava verso la fine ed inizio anno, quando l’aria era invasa dalle grida disperate dei maiali moribondi che venivano ammazzati in una maniera così crudele che il legislatore ha pensato bene di proibirla in favore di un metodo più rapido e misericordioso.
Il metodo era crudele ma la morte del maiale era una festa, era cibo assicurato sotto forma di prosciutti, guanciali, spallette, lardo, salsicce , fegatelli, sanguinacci, strutto, ventresca, sfrizzoli, per buona parte dell’anno e, allora, non ci possiamo meravigliare se tutti erano felici e contenti!
La parte più gioiosa si verificava la sera, dopo che il maiale era stato diviso a seconda delle varie utilizzazioni.
Quello che restava, con altra carne rubata alle salsicce, andava a riempire una grande padella di ferro che veniva posta sul fuoco scoppiettante dove sfrigolava allegramente finchè non era ben arrostita.
Condita con spezie varie, andava a riempire i capaci stomaci della famiglia, dei parenti e anche dei vicini, che avevano partecipato a tutta l’operazione e che inzuppavano interi filoni di pane nell’unto, il tutto, accompagnato da fiumi di vino che davano la stura a cori improvvisati e risate fino a tarda notte.
“facemece nu bicchiere e facemecegliu mo’
Che mo’ c’iaveme tempe e addimà magari no!” e via a brindare! Si mandava giù anche la “ciarrapicchia” che era un vino tra l’aceto e l’acqua fatto se non ricordo male, con gli scarti dell’uva.
Questa era chiamata “L’arrangiata” presumo dal verbo arrangiarsi, cioè valersi di quello che si poteva racimolare per farsi una gran saporita mangiata! Questa era chiamata anche “Felicità” perché a me viene difficile immaginare un altro momento di condivisione, di unione, più felice di questo!
Mai sentito uno dire “ No grazie ho il colesterolo alto!”
Segue……